giovedì 27 marzo 2008

Irina Palm (2007) di Sam Garbarski

Dignita'. La parola chiave di questo film e' dignita'. Come quella che la protagonista esprime in ogni inquadratura, senza mai sovraccaricare il personaggio, quasi sottovoce.
E' un film che idealmente poteva essere un disastro, ma inaspettatamente riesce a realizzarsi in tutte le direzioni che la trama offre. E che trama, oddio! Poteva essere la barzelletta degli sceneggiatori: una nonna per raccogliere i soldi necessari a curare il nipotino malato si improvvisa sex worker, e va a lavorare in un equivoco nightclub dove, in parole povere, fa le seghe agli uomini! Si esatto, proprio le seghe, da dietro un muro e attraverso un buco. E' proprio cosi' che lei lo spiega alle sue anziane amiche nella scena piu' memorabile, senza nessun giro di parole, facendo venire a galla in un attimo la loro ipocrisia perbenista, che pero' incredibilmente si trasforma in curiosita' e (azzardo!) quasi accettazione.
Quello in cui si muove la protagonista e' un mondo di squali, un mondo che non perdona e che non ha nulla da offrire a lei e alla sua famiglia, tutti destinati a soffrire per la loro situazione economica. E' lei per prima ad accorgersi amaramente di non valer nulla, la societa' non puo' darle lavoro, ma trova la forza di rialzare la testa e crederci. All'inizio non molto convinta, ma poi sempre piu' consapevole delle possibilita', si inventa una via di fuga, senza lasciar che la falsa morale comune fermi il suo coraggioso piano. Superato questo dilemma improvvisamente si trasforma, si sente di nuovo una persona viva e capisce che puo' farcela. Infatti diventa pure brava, guadagnandosi il nome d'arte che da' il titolo al film e diventando una grossa fonte di guadagno per il proprietario del locale, col quale nascera' un curioso rapporto di stima e comprensione, che riesce a ridare fiducia ad entrambi. Ma non c'e' mai accenno di buonismo in questa Londra truce e dolente, scandita con precisione nella sua ineluttabilità da un ipnotico post rock acustico, le cui chitarre taglienti restano dentro. E l'unica spinta per farcela non sembra nemmeno arrivare dalla famiglia, che travisa tutto e si dimostra ostile nonostante le legittime intenzioni , ma forse proprio da dentro se stessi, e magari nei posti dove meno ce lo si aspetta.

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