lunedì 16 giugno 2008

Lucía y el sexo (2001) di Julio Medem

Una storia dalle mille sfaccettature come questa non poteva aver miglior narrazione di quella scelta dal talentuoso Julio Medem. Lo scrittore Lorenzo, le due donne della sua vita e il libro che sta scrivendo ispirato dagli avvenimenti che lo coinvolgono sono i motori di una labirintica trama che continuamente si fa e si disfa, si morde la coda, sembra tornare indietro ma procede, senza mai perdere lucidità e anzi dimostrando una coscienza del mezzo cinematografico ammirabile.
Il protagonista (come il regista) è creatore ma anche attore di una storia mossa dalla passione, amara ma fiabesca, in cui ogni immagine assume significato man mano che procede l'esposizione. Il sole, la luna, l'acqua, la buca nel terreno sono parte integrante di una personale mitologia del racconto, che gli permette di trascendere gli eventi e raccontare con semplicità sentimenti complessissimi, assoluti, toccando con delicatezza temi come il desiderio, l'immaginazione e l'amore.
Strepitosi tutti i protagonisti, che danno corpo e anima ad una visione artistica con pochi eguali, ricordando per l'abilità nella gestione della trama alcune opere del maestro Lynch. Le riprese subacquee restano indimenticabili per la sontuosità e l'abile uso delle luci, mentre l'uso del fuori campo in una scena chiave è di assoluta classe.

"Il bello di questo racconto è che a metà cadi in una buca. E torni all'inizio."

mercoledì 4 giugno 2008

Un uomo qualunque (He was a quiet man) (2007) di Frank A. Cappello

Farà anche ridere come nome, ma Frank A. Cappello è diventato un piccolo eroe per me. Scrive e dirige un film assolutamente indipendente, derivativo (come non ricordare Fight Club o Brazil) ma geniale, pieno di stile e idee. Non contento ne scrive le canzoni, con almeno un paio di song azzeccatissimi, e per finire sbirciando la board di imdb me lo trovo pure ad intervenire con interessanti commenti e nessuna autopromozione. Non si può che stimare una persona così, altro che!

Tornando alla pellicola, è la storia di un irriconoscibile Christian Slater nei panni di Bob Maconel, un impiegato tartassato da tutti che, nel giorno in cui decide di farla finita portando con se gli insopportabili colleghi, viene anticipato proprio da uno di questi che sceglie lo stesso giorno per impazzire, ma lo ferma freddandolo con la pistola portata per la strage, e diventa quindi un eroe. La sua vita cambia radicalmente, ma non tutto è come sembra...

Lascio da parte la trama per non rovinare la visione, ma non posso non parlare della perfetta atmosfera in bilico tra paranoia e quotidianità che inquieta per tutta la durata, lasciando un sottile fastidio di fondo anche nelle parti in cui sembra che le cose vadano bene. Non ci si scrolla mai di dosso la sensazione di essere l'impiegato Bob, sempre inappropriato e deriso, grazie alla grande interpretazione di Slater che, per la prima volta in un ruolo fuori dalla sua facciata hollywoodiana, con lo sguardo basso e gli appena visibili tic riesce perfettamente a creare uno sgradevole ma credibile uomo qualunque. La dinamica regia con le sue trovate mette questa performance ancora più in risalto: i repentini cambi d'inquadratura, i fuori fuoco quasi involontari, le deformazioni e le parti in prospettiva forzata creano un universo alieno appena riconoscibile, mentre i pochi (ed economici, ma perdonabili) effetti speciali ricordano che non servono budget assurdi per rendere credibile una scena.

L'incipit con la voce fuori campo e le sgranate immagini in bianco e nero resta comunque indimenticabile, soprattutto per i risvolti che assumerà dopo il tortuoso percorso del protagonista, alla fine del film. (vedi video)

martedì 3 giugno 2008

Persepolis (2007) di Vincent Paronnaud e Marjane Satrapi

A volte succede che un film riesca a raccontare la Storia, il passato e il presente, in modo così naturale e semplice da far dimenticare libri scolastici o noiose tirate da pseudo opinionisti. E se quelle volte riesce anche a divertire, commuovere e rapire, non si può che affermare che stiamo parlando di vera arte. Come è arte ogni minuto di questo piccola ma splendida perla, basata su una graphic novel molto influente, che riesce a non far sentire mai la pesante eredità (d'altronde l'autrice qui sceneggia con grazia la propria biografia).

La storia della piccola Marjane interpreta tutta la storia recente dell'Iran, dallo scià ai tempi moderni, senza mai avere la pretesa di voler giudicare processi storici mastodontici nella loro cieca ottusità, ma cercando solo di capire come siamo giunti a certe situazioni, e da dove nasca il distacco sempre più evidente fra l'occidentale e il medio oriente, riuscendo con leggerezza nella più difficile delle prove, quella di farci condividere le difficoltà di popolazioni che sembrano esistere solo perchè mostrate nei telegiornali, ma che ogni giorno soffrono e lottano contro realtà impensabili per noi cittadini Europei. In quei 90 minuti diventiamo iraniani anche noi, viviamo le stesse persecuzioni e ci indigniamo, piangiamo e ridiamo, mentre le bombe cadono, simili a quelle che cercano di zittire voci libere come quella della Satrapi, colpevoli solamente di cercare la verità.

Lo script così personale e forte diventa sublime grazie alla perfetta transizione dal medium cartaceo, e infatti c'e' solo stupore assistendo alle bellissime scene create direttamente dalle tavole originali. Gli sguardi degli stilizzati personaggi valgono mille parole, mentre alcune inquadrature sono il perfetto esempio di narrazione visuale, riuscendo a raccontare anche solo con pochi tratti profonde verità. Gli indimenticabili occhi curiosi di questa bambina sono forse una delle cose più sincere del cinema recente, secondi solo a quelli del critico bambino in Ratatouille.