domenica 3 maggio 2009

Pulizie di primavera 4

L'inseguimento continua, ora sono a -51, vediamo che si combina oggi.
come al solito (*) denota i consigliati 

Vite difficili - Alway outnumbered (1998) di Michael Apted
Un ex detenuto tenta di reintegrarsi nella società, lottando contro pregiudizi e cercando una difficile redenzione. Un grandissimo Fishburne nei panni del protagonista Socrates.

The hard word (2002) di Scott Roberts
Torniamo al discorso sui film australiani. Sono sconosciuti, sono strani ma vale sempre la pena dargli una possibilità. Questo racconta di una rapina in banca pianificata da tre fratelli uno più pazzo dell'altro. Ricorda molto il Guy Ritchie di Lock & Stock, ma con altrettante buone idee e grandi caratterizzazioni. Divertentissimo e inaspettato.

Eagle Eye (2008) di  D.J. Caruso
Nemico pubblico aggiornato alle nuove tecnologie e mischiato con Phone Boot. Riciclaggio di idee che comunque non è completamente da buttare. E poi chiamarsi DJ Caruso è tanta roba.

Reservation Road (2007) di Terry George
In un banale incidente d'auto un bambino perde la vita di fronte agli occhi del padre. Il guidatore scappa ma dovrà convivere con la sua scelta.
Dolorosa riflessione sugli effetti delle proprie azioni e il rimorso. Buono lo studio psicologico dei personaggi anche se alcune forzature nella sequenza degli eventi detrae dalla forza del messaggio.

The strangers (2008) di Bryan Bertino
Due fidanzati (con problemi) sono terrorizzati da tre sconosciuti assalitori. Premessa semplice per un esecuzione che non delude grazie alla cruda ma precisa sceneggiatura. Non si grida al miracolo, ma sempre meglio dello slasher medio.

Step brothers (2008) di Adam McKay
Mettendo assieme Will Ferrel e John C. Reilley credevo di andare a colpo sicuro, invece la formula apatowiana comincia a mostrare i suoi limiti, nonostante almeno una manciata di scene siano divertenti. Ferrel ormai è un po' l'ombra di se stesso, inarrivabile come spalla (vedi Old School), da personaggio principale ci possono essere problemi. Sappiamo che Reilley sa fare molto di meglio quindi lo perdoniamo.

You don't mess with the Zohan (2008) di Dennis Dugan
Iniziamo dal tralasciare il titolo italiano, per favore. Da uno che nella sua carriera ha girato Beverly Hills Ninja non ti aspetteresti molto, nonostante ciò, forse grazie al physique du role di Sandler, Zohan riesce a risultare talmente assurdo e sopra le righe da regalare una continuità di divertimento ad una trama che presentava il rischio di essere solamente una raccolta di scenette. Personaggi stereotipati talmente convinti non possono che meritare rispetto. Una scena su tutte: quella della segreteria automatica con la voce guida per assistere i terroristi nella preparazione di attentati: "Welcome To Helzobolla customer service..."

La ragazza del lago (2006) di Andrea Molaioli (*)

Ogni tanto un film italiano così serve a ridarti un po' di fiducia. Fiducia che i nostri registi sanno ancora raccontare storie, storie legate al territorio come questa, ma con una forza narrativa universale che sembrava essere dimenticata dalle produzioni che vengono spinte a forza in tv e al cinema. E il fatto che sia l'esordio di Molaioli è ancora più notevole. Con la speranza che prosegua la carriera altrettanto bene, non posso che consigliare questa amara crime story di provincia, che sotto la superficie è una storia d'amore e tristezza, senza bianco o nero ma percorsa da un noir tratteggiato con sapiente fotografia e interpretazioni eccelse, uno su tutti Toni Servillo, che di nuovo si dimostra l'attore italiano numero uno del momento.

Fuga da Seattle (2002) di James Cox (*)
Leto & Gyllenhaal sono due amici che scappano da Vegas per sfuggire ai casini combinati, ma è molto di più del solito film on the road. La loro grande interpretazione convince su tutti i fronti nel dare vita ad un'atipica storia di amicizia, intramezzata dai bizzarri incontri in direzione Seattle, alcuni dei quali memorabili, come quello con l'uomo coccodrillo o la sosta al surreale bordello. Oltretutto stilisticamente ha delle grandi idee e un'ottima fotografia. Promosso a sorpresa. E se non vi piacciono i primi 5 minuti potete pure lasciarmi un commento


Burn after reading (2008) di Ethan e Joel Coen (*)
I fratelli Coen ci regalano un'altra nerissima commedia in bilico fra l'humor de Il Grande Lebowski e l'amarezza di Fargo, che ridipinge l'immaginario spionistico in un epoca che lo spoglia di ogni suo fascino. Personaggi impensabili portati con professionalità sullo schermo dai grossi nomi coinvolti fanno il resto. Non sto nemmeno a introdurre la storia che alla fine è quasi un pretesto per parlare dei vizi americani (e non solo) a ruota libera.

Il curioso caso di Benjamin Button (2008) di David Fincher (*)
Un film ambizioso e corale come non se ne vedevano dai tempi di Forrest Gump. L'ultimo di Fincher riesce a convincere nonostante alcuni difetti come l'eccessiva prolissità, l'indulgenza e il buonismo su alcuni passaggi ma soprattutto l'inserimento a-la Titanic della storia letta dal diario, poichè a mia opinione avrebbe funzionato benissimo anche con un'altra e meno abusata meccanica narrativa. Ma questi particolari rendono ancora più viva e piacevole la visione di questo signor film, pieno di fantastici tocchi di classe, complesso, colmo di intuizioni, quasi epico e foriero di interessanti riflessioni sulla natura del tempo e su come trasformi ogni cosa in maniera imprevedibile. Cate Blachett inarrivabile, riesce a mettere in ombra la pur bellissima interpretazione di Brad Pitt.

The man from earth (2007) di Richard Schenkman  (*)
Una manciata di attori, una sola location, budget limitatissimo (200.000 $) ricordano come il cinema non sia solo grandi produzioni. E infatti ci troviamo di fronte ad un film di valore assoluto, con forse uno degli script più intelligenti e brillanti mai portati sullo schermo. Completamente basato sui dialoghi, riesce ad tenerti incollato allo schermo dall'inizio alla fine con una storia geniale nella sua semplicità ma portata avanti con un'arguzia notevole e una precisione scientifica rigorosa. E alla fine forse anche voi non saprete che pensare...
Un ritorno alle origini, quelle di una fantascienza fatta di parole e sentimenti, idee e congetture, che non ha bisogno di astronavi ed esplosioni per far riflettere.

PS: Purtroppo si trova solo sottotitolato in italiano, ma fate questo sforzo, vi garantisco ne varrà la pena.

Pride & Glory (2008) di Gavin O'Connor
Poveri noi, e povero Edward Norton che non ne azzecca più una. Se volete qualcosa di simile, ma bello, fatevi un piacere e guardate I padroni della notte o Harsh times.

Frontière(s) (2008) di Xavier Gens
Siamo sempre sul terreno di The Texas Chainsaw Massacre (o Hostel), ma con un po' più di palle del solito e qualche scena memorabile (maiali anyone?). La famigliola nazista non è male, ma torniamo sempre a Leatherface a volerla dire tutta... Protagonisti bravi e belli, tutti e quattro, ma c'è la solita lotteria-morti. Interessante l'inquadramento socio-politico delle rivolte parigine. Comunque un film così gli americani se lo sognano, pace all'anima di Tobe Hopper.

Sfida senza regole (2008) di Jon Avnet
Dovrei imparare ad ascoltare i consigli a volte. Ma devo sbatterci la testa per capire quanto in basso si possa scendere. Ahi! Pover Robert e Al, ricordiamoli con un sorriso in Heat va là.

Drillbit Taylor (2008) di Steven Brill
Commediola senza infamia nè lode con Owen Wilson. Si vede che in qualche scena ha poca voglia si sbattersi, ma ci mette il minimo sindacale e qualcosa viene bene. Buono per una serata senza pensieri.

The abandoned (2006) di Nacho Cerdà
Un po' una delusione, ghost story sconclusionata che si salva solo grazie ad una grande fotografia e alcune scene realmente angoscianti.

Death race (2008) di Paul W.S. Anderson
Divertente remake del film con Stallone del 1975. Jason fa sempre la sua porca figura ed è cazzuto oltre ogni limite. Si intuisce ogni scena dalla precedente, ma il montaggio frenetico supplisce le mancanze di sceneggiatura trasformando tutte le inquadratura in un realistico videogame. Ci vorrebbe un'introduzione al rallenty anche per questo post.

11:59 (2005) di Jamin Winans
Ambizioso esordio con un soggetto inusuale che tira in ballo una complicata storia di misteri e viaggi nel tempo che si chiarisce solo alla fine nella sua pienezza. Si vede un po' l'inesperienza, ma le qualità ci sono, e pure il coraggio, vedremo che ne verrà in futuro.

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