Coraggioso esempio di distopia che, con intelligenza e senza essere troppo scontato, racconta la storia di mille rivoluzioni fallite, usando abilmente episodi storici come ispirazione e lasciando il resto ad una sapiente regia che coinvolge fin dalla prima scena.
Un Ralph Fiennes in grande forma regala una memorabile interpretazione, mentre Donald Sutherland nei panni del rivoluzionario intellettuale ruba la scena in ogni sua apparizione.
La narrazione acronologica ma mai eccessiva, un po' alla Memento (che ricorda anche per la fotografia particolarmente vivida e cruda) da' un ulteriore tocco di classe, e fa risaltare ancora di piu' le contraddizioni e i paradossi di un potere che sembra unicamente una forza in grado di corrompere ogni ideale o morale. E' una visione completamente pessimista e senza possibilita' di salvezza, che culmina nell'allucinato finale con il protagonista ormai alienato da ogni collegamento con la realta' che rinuncia anche alla propria identita', diventando un perfetto nessuno. Inquietante.
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giovedì 3 aprile 2008
domenica 30 marzo 2008
28 Settimane Dopo (2007) di Juan Carlos Fresnadillo
Il sequel del notevole "28 Giorni Dopo" poteva essere tante cose, tra cui un operazione commerciale, un'anonima uscita diretta in video, o un filmaccio di serie B, ed invece fortunatamente ci siamo trovati fra le mani proprio un bel film.
Il cambio alla regia, che poteva sembrare azzardato, fa bene al prodotto, che acquista freschezza fino a risultare originale quanto il predecessore. Se li' avevamo potuto ammirare le innovazioni formali sullo scheletro di zombie-movie classico (i morti viventi che corrono, l'insolita ambientazione rurale inglese, l'attenta analisi dei personaggi), qui veniamo sbattuti in una Londra post apocalittica molto affascinante, con una situazione che degenera sotto il controllo militare durante la ripopolazione della citta'. Ed e' questa citta' vuota, ripresa solamente da telecamere di sicurezza, ad offrire forse l'aspetto che piu' verra' ricordato, ma abbiamo anche una trama che non molla un secondo, scandita da scene memorabili ben collegate fra loro e che perde appena appena in un paio di scelte un po' forzate.
Godibilissimi quasi tutti i personaggi, e per una volta assistiamo a dei momenti che si staccano dal canone dell'eroe-che-si-sacrifica-sempre, con il protagonista che abbandona la moglie durante le concitate fasi dell'assalto alla fattoria dell'adrenalinica scena iniziale. Il dolore misto a rassegnazione nei suoi occhi vale quasi da solo la visione. Fossero tutti cosi' i seguiti!
PS: Notevole pure l'accompagnamento musicale di John Murphy, per il quale torno a lodare il post-rock, che nelle colonne sonore sembra aver trovato una interessante via di sviluppo!
Il cambio alla regia, che poteva sembrare azzardato, fa bene al prodotto, che acquista freschezza fino a risultare originale quanto il predecessore. Se li' avevamo potuto ammirare le innovazioni formali sullo scheletro di zombie-movie classico (i morti viventi che corrono, l'insolita ambientazione rurale inglese, l'attenta analisi dei personaggi), qui veniamo sbattuti in una Londra post apocalittica molto affascinante, con una situazione che degenera sotto il controllo militare durante la ripopolazione della citta'. Ed e' questa citta' vuota, ripresa solamente da telecamere di sicurezza, ad offrire forse l'aspetto che piu' verra' ricordato, ma abbiamo anche una trama che non molla un secondo, scandita da scene memorabili ben collegate fra loro e che perde appena appena in un paio di scelte un po' forzate.
Godibilissimi quasi tutti i personaggi, e per una volta assistiamo a dei momenti che si staccano dal canone dell'eroe-che-si-sacrifica-sempre, con il protagonista che abbandona la moglie durante le concitate fasi dell'assalto alla fattoria dell'adrenalinica scena iniziale. Il dolore misto a rassegnazione nei suoi occhi vale quasi da solo la visione. Fossero tutti cosi' i seguiti!
PS: Notevole pure l'accompagnamento musicale di John Murphy, per il quale torno a lodare il post-rock, che nelle colonne sonore sembra aver trovato una interessante via di sviluppo!
giovedì 27 marzo 2008
Irina Palm (2007) di Sam Garbarski
Dignita'. La parola chiave di questo film e' dignita'. Come quella che la protagonista esprime in ogni inquadratura, senza mai sovraccaricare il personaggio, quasi sottovoce.
E' un film che idealmente poteva essere un disastro, ma inaspettatamente riesce a realizzarsi in tutte le direzioni che la trama offre. E che trama, oddio! Poteva essere la barzelletta degli sceneggiatori: una nonna per raccogliere i soldi necessari a curare il nipotino malato si improvvisa sex worker, e va a lavorare in un equivoco nightclub dove, in parole povere, fa le seghe agli uomini! Si esatto, proprio le seghe, da dietro un muro e attraverso un buco. E' proprio cosi' che lei lo spiega alle sue anziane amiche nella scena piu' memorabile, senza nessun giro di parole, facendo venire a galla in un attimo la loro ipocrisia perbenista, che pero' incredibilmente si trasforma in curiosita' e (azzardo!) quasi accettazione.
Quello in cui si muove la protagonista e' un mondo di squali, un mondo che non perdona e che non ha nulla da offrire a lei e alla sua famiglia, tutti destinati a soffrire per la loro situazione economica. E' lei per prima ad accorgersi amaramente di non valer nulla, la societa' non puo' darle lavoro, ma trova la forza di rialzare la testa e crederci. All'inizio non molto convinta, ma poi sempre piu' consapevole delle possibilita', si inventa una via di fuga, senza lasciar che la falsa morale comune fermi il suo coraggioso piano. Superato questo dilemma improvvisamente si trasforma, si sente di nuovo una persona viva e capisce che puo' farcela. Infatti diventa pure brava, guadagnandosi il nome d'arte che da' il titolo al film e diventando una grossa fonte di guadagno per il proprietario del locale, col quale nascera' un curioso rapporto di stima e comprensione, che riesce a ridare fiducia ad entrambi. Ma non c'e' mai accenno di buonismo in questa Londra truce e dolente, scandita con precisione nella sua ineluttabilità da un ipnotico post rock acustico, le cui chitarre taglienti restano dentro. E l'unica spinta per farcela non sembra nemmeno arrivare dalla famiglia, che travisa tutto e si dimostra ostile nonostante le legittime intenzioni , ma forse proprio da dentro se stessi, e magari nei posti dove meno ce lo si aspetta.
E' un film che idealmente poteva essere un disastro, ma inaspettatamente riesce a realizzarsi in tutte le direzioni che la trama offre. E che trama, oddio! Poteva essere la barzelletta degli sceneggiatori: una nonna per raccogliere i soldi necessari a curare il nipotino malato si improvvisa sex worker, e va a lavorare in un equivoco nightclub dove, in parole povere, fa le seghe agli uomini! Si esatto, proprio le seghe, da dietro un muro e attraverso un buco. E' proprio cosi' che lei lo spiega alle sue anziane amiche nella scena piu' memorabile, senza nessun giro di parole, facendo venire a galla in un attimo la loro ipocrisia perbenista, che pero' incredibilmente si trasforma in curiosita' e (azzardo!) quasi accettazione.
Quello in cui si muove la protagonista e' un mondo di squali, un mondo che non perdona e che non ha nulla da offrire a lei e alla sua famiglia, tutti destinati a soffrire per la loro situazione economica. E' lei per prima ad accorgersi amaramente di non valer nulla, la societa' non puo' darle lavoro, ma trova la forza di rialzare la testa e crederci. All'inizio non molto convinta, ma poi sempre piu' consapevole delle possibilita', si inventa una via di fuga, senza lasciar che la falsa morale comune fermi il suo coraggioso piano. Superato questo dilemma improvvisamente si trasforma, si sente di nuovo una persona viva e capisce che puo' farcela. Infatti diventa pure brava, guadagnandosi il nome d'arte che da' il titolo al film e diventando una grossa fonte di guadagno per il proprietario del locale, col quale nascera' un curioso rapporto di stima e comprensione, che riesce a ridare fiducia ad entrambi. Ma non c'e' mai accenno di buonismo in questa Londra truce e dolente, scandita con precisione nella sua ineluttabilità da un ipnotico post rock acustico, le cui chitarre taglienti restano dentro. E l'unica spinta per farcela non sembra nemmeno arrivare dalla famiglia, che travisa tutto e si dimostra ostile nonostante le legittime intenzioni , ma forse proprio da dentro se stessi, e magari nei posti dove meno ce lo si aspetta.
sabato 23 febbraio 2008
The History Boys (2007) di Nicholas Hytner
E' interessante come a volte certi film entrino nella mia rotazione senza nemmeno ricordarne il motivo (e visto che disdegno i noleggi, immagino il mio feed reader abbia le sue colpe!). E sono poi quelli che danno piu' soddisfazione, senza aspettative vengono valutati meglio.
E' il caso di questo film, abbastanza sconosciuto da noi, ma molto apprezzato all'estero, anche perche' tratto da una riuscita opera teatrale. E infatti si notano tutte le caratteristiche ereditate: dialoghi precisi e brillanti, con una profondita' rara nel medium cinematografico, personaggi delineatissimi e godibili, locazioni semplici e abbastanza ridotte, ma soprattutto scene che spesso stanno in piedi da sole, quasi a rappresentare gli atti teatrali. Il tutto mischiato con tono leggero ma che sa diventare serio nelle parti che si muovono tra tragedia a commedia amara. Ed e' questo equilibrio la parte piu' viva del film, che affronta temi non facili come la maturazione, l'educazione, il ruolo della cultura, l'omossessualita', in maniera mai banale e personalissima, senza urlare verita' assolute, ma dando allo spettatore gli strumenti per formare sia l'opinione che l'eventuale critica della stessa. Strepitosi tutti gli interpreti, che sono gli stessi dell'opera teatrale, sempre credibili e mai tentati da inutili virtuosismi, con una menzione particolare al professore Hector, che con la sua mole e bravura domina ogni scena e trasuda professionalita' in ogni battuta, facendo valere le sue origini di vero attore shaksperiano.
E' il caso di questo film, abbastanza sconosciuto da noi, ma molto apprezzato all'estero, anche perche' tratto da una riuscita opera teatrale. E infatti si notano tutte le caratteristiche ereditate: dialoghi precisi e brillanti, con una profondita' rara nel medium cinematografico, personaggi delineatissimi e godibili, locazioni semplici e abbastanza ridotte, ma soprattutto scene che spesso stanno in piedi da sole, quasi a rappresentare gli atti teatrali. Il tutto mischiato con tono leggero ma che sa diventare serio nelle parti che si muovono tra tragedia a commedia amara. Ed e' questo equilibrio la parte piu' viva del film, che affronta temi non facili come la maturazione, l'educazione, il ruolo della cultura, l'omossessualita', in maniera mai banale e personalissima, senza urlare verita' assolute, ma dando allo spettatore gli strumenti per formare sia l'opinione che l'eventuale critica della stessa. Strepitosi tutti gli interpreti, che sono gli stessi dell'opera teatrale, sempre credibili e mai tentati da inutili virtuosismi, con una menzione particolare al professore Hector, che con la sua mole e bravura domina ogni scena e trasuda professionalita' in ogni battuta, facendo valere le sue origini di vero attore shaksperiano.
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