venerdì 16 maggio 2008

Diary of the Dead (2007) di George A. Romero

Il vecchio George dà una rinfrescata alla franchigia con questo nuovo capitolo sugli zombie. E parte da una tecnica per lui nuova, la presa diretta alla Blair Witch, e anche se d'ora in avanti la telecamera a spalla sarà meglio evitarla (un po' inflazionata, vedi Cloverfield, Rec e compagnia bella), in questo film fa perfettamente il suo dovere. E infatti l'artificio della ripresa continua, che a volte puo' sembrare pretestuoso (come nel già citato film del mostro grosso... quello rischia la pelle e riprende a tutto spiano!), qui acquista tutt'altro valore grazie all'intelligente script, che pone come protagonisti una troupe cinematografica di studenti che sta girando un horror quando scoppia l'epidemia dei morti viventi. Gli stessi zombie, nella loro inesorabile lentezza, si prestano bene alle riprese, che in situazioni più drammatiche sembrerebbero fini a se stesse.

Gli attori non brillano, complici anche le studiate riprese fai da te, ma il continuo gioco di ammiccamenti, riferimenti e rimandi agli altri capitoli porta avanti senza problemi la pellicola. Ciò che colpisce di più è la nemmeno tanto velata critica alla società media dipendente, dal Grande Fratello ai telegiornali sensazionalistici, senza risparmiare la youtube generation; la sensazione che nulla sia reale se non ripreso in qualche modo dà alle drammatiche scene un gusto distante dalla fiction, e pone lo spettatore nello scomodo posto di giudice di eventi forse generati dal suo stesso voyerismo. Gli stessi protagonisti altro non sono che attori di un film all'interno del film, in un continuo scambio tra osservatori ed osservati che sbilancia e confonde.

Non ci troviamo di fronte al solito horror quindi, anche se non mancano i momenti gore, con almeno un paio di uccisioni notevoli, coadiuvati da sequenze d'azione fatte con mestiere, ma la cosa più agghiacciante resta la scena finale della tortura agli zombie, quasi un'ultima, impietosa analisi sociale: la desensibilizzazione nei confronti della morte e' forse il primo passo verso qualcosa di peggiore?

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